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Una bomba geopolitica nel Mar Cinese Meridionale - Mappa Mundi - Blog - Repubblica.it Carta di Laura Canali da Limesonline Nove isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale. Con banchine di attracco e piste per navi e aerei militari. Isole Spratly, nuove foto: pista militare cinese quasi ultimata nell'arcipelago conteso WASHINGTON - La Cina, del tutto incurante delle proteste dei vicini e dell'alleato statunitense, ha praticamente ultimato la pista d'atterraggio da 3 km costruita sull'isola artificiale, a sua volta creata dal nulla con sabbia, cemento e ferro, sulla barriera corallina conosciuta come "Fiery Cross Reef" nel conteso arcipelago delle Spratly nel Mari Cinese Meridionale. Le immagini dell'isola artificiale creata dai militari di Pechino nel mar cinese meridionale. L'isola, creata nel tempo con sabbia, cemento e ferro, ospiterà una pista di atterraggio lunga oltre 3 chilometri, capace di far atterrare ogni tipo di aereo da guerra. Distante quasi 800 chilometri dalla Cina, l'isola fa parte dell'arcipelago delle Spratly, 750 atolli da sempre contesi a Pechino da Vietnam, Filippine, Malaysia e Brunei Le immagini dell'isola artificiale creata dai militari di Pechino nel mar cinese meridionale.

Sabbia e cemento sugli atolli contesi Così la Cina avanza nei mari Mischief Island, dove i cinesi hanno riversato tonnellate di sabbia e cemento per trasformarlo in una base (foto Asia Maritime Transparency Initiative) PECHINO I nomi non potrebbero essere più attuali: Mischief (che significa più o meno «Furbata») e Fiery («Infocata») sono due punti nella mappa del Mar cinese meridionale dove i tecnici del genio militare di Pechino stanno costruendo avamposti. Mischief Island e la gemella Fiery Cross Island sono (erano) barriere coralline semisommerse, ma negli ultimi mesi i cinesi sono stati capaci di riversarci una incredibile quantità di sabbia e poi di cemento, trasformandole in potenziali basi per la loro flotta.

Siria, una guerra senza fine Oggi quando diciamo Siria diciamo molte cose. Oltre duecentocinquantamila morti e un numero di sfollati che ha superato quello della Seconda Guerra Mondiale, innanzitutto. Già, perché è dal 2011 che in Siria si combatte una feroce guerra civile. Ma non solo. Oggi la Siria è soprattutto un terreno di battaglia dove si affrontano vaste coalizioni regionali e internazionali.

Daesh, des cartes pour comprendre l’ampleur de la menace Daesh, l’Etat Islamique etc. les noms sont nombreux pour définir les lâches qui veulent terroriser le monde. Toutefois, j’ai décidé d’appeler cette menace Daesh car comme l’exprime Laurent Fabius (ministre des affaires étrangères) : « Le groupe terroriste dont il s’agit n’est pas un État, il voudrait l’être, mais il ne l’est pas ». Daesh existe depuis 2006 mais la « notoriété » médiatique s’est faite beaucoup plus tard. En effet, le 29 juin 2014, Daesh autoproclame un califat à cheval sur l’Irak et la Syrie qui cherche à s’agrandir. Lorsqu’un territoire est conquis, l’organisation terroriste met en place une administration et des institutions embryonnaires (tribunaux religieux, conseil de vie, services sociaux etc.). Son administration a un budget annuel estimé à 2 milliards de dollars.

Irak... De l’occupation étrangère à l’Etat islamique Myriam Benraad est docteur en science politique de l’IEP de Paris, spécialiste de l’Irak et du monde arabe. Elle est chercheur associée au Centre d’études et de recherches et d’études sur le monde arabe et musulman (IREMAM-CNRS). "L’Etat islamique, ou Daech (surnom de l’organisation terroriste dans le dialecte irakien, tiré de l’acronyme arabe Dawla al-islamiyya fi al-iraq wa al-cha) apparaît aujourd’hui, dans les médias et les représentations politiques, comme l’adversaire absolu de l’Occident, celui qui multiplie attentats et actes de barbarie, qui met le Moyen Orient à feu et à sang et qu’il faut combattre à tout prix. A l’origine de cet état de guerre perpétuelle et de ce chaos dans lequel ont sombré les populations civiles, il y bien entendu l’intervention américaine du printemps 2003, qui fit des sunnites, accusés d’avoir soutenu le régime de Saddam Hussein, des parias dans le jeu politique irakien, et qui a laissé derrière lui un champ de ruines.

Géographie des conflits (Trinôme académique 2011) Marc Bartolini, professeur au lycée Marcel Rudloff de Strasbourg, propose de faire de point sur les actions civilo-militaires en prenant l'exemple des opérations menées à Haïti associant humanitaire et expression du Soft Pwer français. Dans un premier temps, il rappelle leurs origines coloniales et montre leur théorisation durant la guerre d’Algérie. Ces opérations civilo-militaires retrouvent une importance croissante dans le cadre d’un contexte international marqué par de nouvelles conflictualités qui ne sont plus liées seulement à des rivalités entre Etats (ex-Yougoslavie, Afghanistan…). Ces opérations civilo-militaires sont des exemples efficaces pour aborder la notion de Défense globale, la gestion de crises dans leur globalité.

Le isole contese e il fronte-Taiwan Tra Stati Uniti e Cina tensioni (e venti di guerra) WASHINGTON-PECHINO — La Casa Bianca pochi giorni fa ha accolto il presidente cinese Xi Jinping con i 21 colpi di cannone a salve previsti dal cerimoniale. Ci sono stati sorrisi, brindisi, discorsi, negoziati e promesse di intese, soprattutto nel campo del contrasto al riscaldamento terrestre. Ma sul fronte delle molte rivendicazioni territoriali di Pechino nei mari intorno alla Cina, il disaccordo è rimasto totale. E ora la temperatura si è tanto alzata da lasciar temere un «incidente» tra la prima e la seconda economia del mondo.

Sui confini del Mar cinese meridionale il Tribunale dell’Aja da ragione alle Filippine, ma la Cina non riconosce la decisione «Il tribunale che ha gestito l’arbitrato sul Mar cinese meridionale unilateralmente iniziato dal precedente governo filippino ha emanato la sua sentenza finale oggi. Un coro internazionale [di voci asserisce] che la giuria non ha giurisdizione e la sua decisione è naturalmente nulla». La reazione cinese all’arbitrato del tribunale dell’Aja in favore del ricorso filippino era prevedibile. I media cinesi non lo nominano nemmeno. In un documento di 11 pagine «il Tribunale conclude che, come tra le Filippine e la Cina, non ci sono le basi legale per la Cina di rivendicare storicamente diritti e risorse sulle acque circoscritte dalla ’linea a nove tratti’ al di fuori di quelli definiti dalla Convenzione [Onu sulla giurisprudenza sul Mare (Unclos)]».

Insediamenti, Gerusalemme e i due Stati, ecco i nodi che separano israeliani e palestinesi La conferenza stampa alla Casa Bianca fra il presidente americano Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha messo per la prima volta apertamente in discussione la soluzione “due popoli, due Stati” nelle trattative fra Israele e palestinesi. Ma i due leader non hanno proposto un’alternativa e il processo di pace vive una crisi senza precedenti. Che prospettive ci sono? Lo abbiamo chiesto a Hugh Lovatt, analista dell’European Council on Foreign Relations, e a Efraim Inbar, direttore del Begin-Sadat Center for Strategic Studies. Il processo di pace rischia di interrompersi? Lovatt: «Se intendiamo quello che abbiamo visto a partire dal 1993, è la sua fine.

Militari, armi e basi: così la Cina mostra i muscoli in Africa Negli ultimi cinque anni la presenza militare cinese in Africa è cambiata. Fino al 2012 si limitava a fornire supporto di basso profilo nelle operazioni internazionali di peacekeeping, preferiva mandare ingegneri e medici che militari. Oggi non è più così. Di fatto la Repubblica popolare è l’ottavo paese per numero di unità militari che partecipano alle operazioni dei Caschi blu in Africa e il primo in assoluto tra i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu. Mathieu Duchatel, analista dell’European Council on Foreign Relations, spiega cosa sta succedendo.

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