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Una mappa per la formazione digitale degli insegnanti – BRICKS

scarica la versione PDF del lavoro La situazione delle tecnologie nella scuola italiana L’ultima legge sulla scuola (riguardo all’aggettivazione della quale credo debba essere almeno lasciata libertà di giudizio) stabilisce l’ingresso delle competenze digitali tra quelle irrinunciabili per gli studenti, in accordo col piano Scuola Digitale e richiamando quanto già stabilito – ma senza conferire ad esse autonoma dignità – nel profilo degli studenti in uscita dalla scuola dell’obbligo del ministro Fioroni del 2007 (1). Mettere l’accento su questo aspetto della formazione delle nuove generazioni altro non è che prendere coscienza di un problema già fortemente sentito dalla scuola: la necessità di trasformare le presunte abilità digitali degli studenti in vere e proprie competenze. Figura 1 – Dati sulla connettività. La figura 2 dà conto del rapporto PC/studenti comparando i dati del 2006 a quelli del 2012. Figura 2 – Dati sull’incremento del numero di computer per ogni 100 studenti. 1. 2. 3. Related:  Competenze digitaliCompetenze digitali

il modello SAMR La domanda da cui nascono la mia presentazione e il mio intervento è la seguente: quale atteggiamento dobbiamo avere nei confronti della musa transmediale, ovvero della narrazione transmediale e della cultura della convergenza, che ci promette la libertà della partecipazione ma mette anche a punto il più potente strumento di seduzione manipolatoria che l'uomo abbia mai approntato? Dobbiamo, come Odisseo, resistere al suo canto o, invece, abbandonarci ad essa e unire la nostra voce alla sua? Non essendo in grado di rispondere a tale domanda, mi limito a offrire un percorso che, forse, ci permette di conoscere meglio la nostra musa seguendo alcune delle sue epifanie e capire meglio l'inquietudine che suscita. La Musa Transmediale Questa la mia presentazione, 63 slides, che possono essere raggiunte al seguente link: La musa transmediale. Struttura della presentazione L'Odisseo ARG, Introduzione (1 - 5) Cos'è la musa transmediale e perché suscita inquietudine? Capitolo 1 -Why so serious (6 - 13)

Il Modello TIM: Integrare le tecnologie nell'Apprendimento | Next Learning La Matrice di Integrazione della Tecnologia nella Didattica. Presentazione e traduzione In questo post presenterò il modello TIM il cui scopo è quello di offrire un quadro teorico e un percorso pratico per integrare gradualmente le Tecnologie Educative nell’insegnamento e nell’apprendimento. Dal momento che le 25 casella della matrice sono in inglese le ho tradotte. Il file PDF con la traduzione può essere scaricato da qui o dal link posto alla fine dell’articolo TIM è un acronimo che sta per “Technology Integration Matrix” – “Matrice di Integrazione della Tecnologia“. Il problema dell’integrazione delle tecnologie La questione più problematica, fraintesa e su cui, anche in buona fede, si commettono i peggiori “errori”, è quella dell’integrazione delle tecnologie nella didattica. Le Versioni del Modello TIMLa prima versione del modello TIM risale al 2005-2006, in seguito ne è stata rilasciata una versione aggiornata al 2011. A cosa serve? Com’è costruita la Matrice del modello TIM

I 5 grandi errori sulla tecnologia didattica – Il digitale a scuola – Medium All’indomani della diffusione dei dati OCSE su digitale e scuola, secondo i quali non si erano riscontrati miglioramenti apprezzabili nelle scuole che facevano uso del digitale, avevo scritto un articolo in cui facevo una sintetica rassegna stampa di ciò che era stato detto al riguardo e concludevo con un appello a focalizzare l’attenzione più sulle metodologie che sugli strumenti. Mi era però sfuggito l’interessante articolo “I cinque grandi errori sulla tecnologia didattica e come correggerli” in cui l’autore, Yong Zhao, riprende le argomentazioni di un suo libro dal titolo simile e sintetizza i 5 fondamentali malintesi che fanno vacillare il rapporto tra tecnologia e didattica: 1 La tecnologia non deve sostituire l’insegnante: ci sono cose che le tecnologie possono fare in modo più efficace e che permettono all’insegnante di risparmiare tempo e fatica per dedicarsi a ciò che esse non sono in grado di fare (o comunque non meglio dell’insegnante). Dipende dai tuoi obiettivi didattici.

Interland: il gioco di Google che prepara i bambini alla vita digitale – Valigia Blu [Tempo di lettura stimato: 2 minuti] Qualche giorno fa Google ha presentato un progetto di educazione digitale e alfabetizzazione alle notizie rivolto ai più piccoli che si propone di insegnare loro come vivere la rete in maniera sicura e coscienziosa, attraverso giochi e corsi guidati. Per adesso è disponibile solo in lingua inglese, ma vista l'importanza dell'argomento abbiamo deciso di spiegarvi lo stesso in cosa consiste. La cittadinanza digitale è un argomento di cui ci siamo già occupati su Valigia Blu, siamo convinti che sia importante coltivare la capacità dei bambini di utilizzare la rete in modo responsabile. Viviamo in un periodo di transizione, nel quale una generazione, cresciuta in un'era pre-connessa, deve insegnare potenzialità e rischi di una delle rivoluzioni più potenti dell’ultimo secolo a una generazione che è nata in un’era iper-connessa dandola per scontato.

Scuola, il paradosso di tanta tecnologia che non fa vera innovazione Una carrozza senza cavalli. Utilizzo spesso questa immagine di una delle prime automobili, nelle conferenze alle quale ho occasione di partecipare, ma anche durante gli incontri di formazione relativi al PNSD che sto tenendo in giro per l’Italia. Rappresenta, appunto, una delle prime automobili, anche se a prima vista sembra una carrozza. In effetti, è proprio una carrozza. Una carrozza senza cavalli, ma con ancora tutte le caratteristiche del precedente modello tecnologico di mezzo di trasporto. È passato un po’ di tempo da allora, e ad un certo punto si è iniziato a capire che il motore, in pratica un “paradigma di propulsione” completamente diverso da quello precedente, consentiva soluzioni tecniche e creative ben diverse e innovative. Mi sono accorto di poter utilizzare questa metafora in molti ambiti, parlando di digitale, ma è una bella notizia solo per me, così non ho bisogno di inventarmi slide ad effetto! E a scuola, cosa troviamo? Appunto, carrozze senza cavalli!

OpenBadges cosa sono? A cosa servono? Come ottenerli con/senza esami ECDL? Endorsement Università? aggiungerli CV LinkedIn? PTOF PNSD OpenBadges a chi servono? Sono riconosciuti nelle Università? che cos’è l’#endorsement? OpenBadges cosa sono? Un OpenBadges è un’immagine digitale (jpg) arricchita da metadati (come per le foto che contengono informazioni su data e luogo di scatto) , che rappresenta che cosa sai fare, qualcosa a cui hai partecipato, una community in cui sei attivo. Mozilla Foundation è la società che ha ideato gli OpenBadges. Sostanzialmente un OpenBadges è un bollino digitale delle tue competenze, i cui metadati secondo un formato open source sono leggibili da tutte le applicazioni. di accedere a tutti i contenuti del Badge ospitati sulla piattaforma che l’ha emessodi collezionarli, mostrarli e condividerlidi avere una pagina dedicata, con il proprio nome, la data in cui ha ottenuto il Badge e la descrizione del Badgedi scaricare e inviare l’immagine del Badge dalla pagina dedicata o linkare la stessa. Inoltre il Badge può essere aggiunto al profilo LinkedIn e condiviso sui social network. Prezzi IVA

"Riconnessioni", l'importanza delle competenze digitali a scuola Di cosa abbiamo bisogno per fare della scuola un laboratorio di innovazione che risponda ai bisogni dei cittadini? Di metterci alla prova e fare squadra. La competenza digitale di cittadini, docenti ed organizzazioni educative è un elemento chiave del progetto Riconnessioni, un grande programma di innovazione nelle scuole e per le scuole avviato ufficialmente nei primi giorni di ottobre. Nasce grazie a Fondazione per la Scuola e Compagnia di San Paolo che investe direttamente 10 milioni di euro in tre anni, ma non potrebbe esistere senza il contributo e la collaborazione di molti partner pubblici e privati, dal MIUR, all’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, al Comune di Torino. Il percorso è accompagnato da collaborazioni scientifiche con l’Istituto per le tecnologie didattiche del CNR, il Politecnico e l’Università di Torino e conta su relazioni internazionali con la Digital Skills and Jobs Coalition della Commissione Europea e la Fondazione NESTA.

Per favore, non chiamateli nativi digitali Vado spesso nelle scuole a insegnare le basi della sicurezza informatica e della gestione della privacy in Rete, per cui incontro sovente i cosiddetti “nativi digitali”: i giovani che hanno sempre vissuto attorniati dalle tecnologie digitali e dalle consuetudini sociali che li caratterizzano. Quelli che non si ricordano del mondo prima di Internet, cellulari, tablet, Playstation e smartphone e quindi li considerano elementi assolutamente ovvi e naturali della propria esistenza. I genitori di questi nativi li contemplano spesso estasiati, ammirando la naturalezza con la quale maneggiano i dispositivi digitali, come se vedessero Mozart al clavicembalo, e sospirano rassegnati, convinti di non poter competere con chi è cresciuto sbrodolando omogeneizzati sul touchscreen e sicuri che basti dare ai loro virgulti un iCoso per garantire loro l'articolata competenza informatica di cui avranno bisogno nella carriera e nella vita quotidiana. Se solo sapessero. *Credits foto: Antonio Sofi

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