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Per favore, non chiamateli nativi digitali

Per favore, non chiamateli nativi digitali
Vado spesso nelle scuole a insegnare le basi della sicurezza informatica e della gestione della privacy in Rete, per cui incontro sovente i cosiddetti “nativi digitali”: i giovani che hanno sempre vissuto attorniati dalle tecnologie digitali e dalle consuetudini sociali che li caratterizzano. Quelli che non si ricordano del mondo prima di Internet, cellulari, tablet, Playstation e smartphone e quindi li considerano elementi assolutamente ovvi e naturali della propria esistenza. I genitori di questi nativi li contemplano spesso estasiati, ammirando la naturalezza con la quale maneggiano i dispositivi digitali, come se vedessero Mozart al clavicembalo, e sospirano rassegnati, convinti di non poter competere con chi è cresciuto sbrodolando omogeneizzati sul touchscreen e sicuri che basti dare ai loro virgulti un iCoso per garantire loro l'articolata competenza informatica di cui avranno bisogno nella carriera e nella vita quotidiana. Se solo sapessero. *Credits foto: Antonio Sofi Related:  Nativi digitaliCompetenze digitali

The learning and thinking skills Il sorpasso: i bambini trascorrono più tempo su Internet che davanti alla TV Per la prima volta nella storia la televisione è stata battuta. Secondo l’Ofcom, l’organismo che monitora e regola il settore delle comunicazioni nel Regno Unito, il tempo che i bambini trascorrono su Internet ha sorpassato il numero di ore davanti alla TV. Secondo il report dell’Ofcom Children and Parents: Media Use and Attitudes, avrebbe raggiunto un livello record: i ragazzi tra i 5 e i 15 anni trascorrono circa 15 ore alla settimana connessi. Meglio il web della TV Anche i bambini di età prescolare (3-4 anni) preferiscono l’ipad alla TV, trascorrendo 8 ore e 18 minuti a settimana connessi: circa un’ora e mezza in più rispetto agli anni passati. Per effetto contrario, i ragazzi trascorrono molto meno tempo davanti al televisore: dalle quasi 15 ore settimanali siamo passati a 13 ore e mezza. Youtube piace a tutti Ma dove vanno i ragazzi online? Sempre più tablet personali

Ecco perché i nativi digitali sono una realtà (anche se ignoranti) Recentemente, è stato ripreso sul Web, con un certo successo, un vecchio (2013) e fortunato articolo (trentaseimila like su Facebook e duemilaseicento condivisioni on-line) per Agenda digitale di Paolo Attivissimo Per favore non chiamiamoli nativi digitali che, riprende la vecchia polemica sull’esistenza o meno dei “nativi digitali”. Ho contribuito a suscitare questo dibattito in Italia con il mio Nativi digitali (Bruno Mondadori, 2011) e dopo 5 anni dall’uscita di questo volume sono ancora convinto della validità euristica della “categoria” coniata a suo tempo da Mark Prensky (Prensky, 2001). Facciamo il punto della situazione. I nostri figli sono nati in questo mondo e il loro ambiente sociale e di vita è radicalmente differente da quello dove siano nati noi “figli del libro” ed “immigrati digitali”. a. b. c. Bibliografia Académie des sciences, il bambino e gli schemi (2016), ed. it., a cura di Ferri, P. e Guerini, Milano Ferri, P. (2011), Nativi digitali. , Bruno Mondadori, Milano.

L’Aula del XXI Secolo come Ambiente di Apprendimento La “Scuola” intesa come Spazio Fisico Nel dibattito sulla riforma della scuola viene spesso sottovalutata l’importanza della scuola intesa come “Habitat“, spazio fisico e architettonico in cui ha luogo il processo di insegnamento e apprendimento. L’idea che gli ambienti in cui si svolge l’attività educativa siano come lo Spazio newtoniano “vuoti contenitori” caratterizzati da uniformità e universale omologazione, ha radici antiche nella scuola italiana. Negli altri paesi monitorati dall’OECD, esistono architetti specializzati nello School Design, che lavorano insieme ai rappresentanti di docenti e studenti per creare gli spazi educativi. Ma è davvero irrilevante lo spazio nel quale si svolge la didattica? Può migliorare l’apprendimento scolastico in edifici cadenti e fuori norma? Quali Spazi per una didattica basata sulle Nuove tecnologie? Componenti della Classe del XXI secolo secondo Open Colleges Come deve essere l’aula per una didattica basata sulle TIC e sul WEB? E in Italia?

Stiamo crescendo una generazione di “ignoranti digitali”? - ilSole24ORE Non distinguono una notizia da una pubblicità online, non considerano minimamente l’attendibilità delle fonti delle notizie su Internet, sono facilmente ingannabili dai messaggi postati sui Social Network. No, non parlo dei nostri anziani genitori o dei nostri nonni, che in fondo un po’ sarebbero giustificati dalla poca dimestichezza col mezzo. Mi riferisco, drammaticamente, ai “nativi digitali”, quelli nati col tablet in mano e che ora vanno all’università o alle scuole superiori. Gli autori di una ricerca della Stanford University, condotta su 7.804 studenti in 12 Stati tra il gennaio 2015 e giugno 2016, la più ampia mai realizzata, sintetizzano in una parola l’abilità dei giovani di ragionare sull’attendibilità delle informazioni trovate su Internet: agghiacciante. Nella ricerca, per esempio, si legge che oltre l’80% degli studenti di scuola media non distingue su un sito Internet tra una pubblicità segnalata come tale e una notizia.

Una mappa per non perdersi tra i #digitalskills In questa bellissima mappa interattiva realizzata da All Aboard (con l’ottimo ThingLink) è possibile navigare tra i digital skills che non solo ogni studente, ma anche e soprattutto ogni insegnante dovrebbe padroneggiare. Ogni ‘linea’ di questa metropolitana digitale parte con un breve video che sintetizza gli obiettivi che caratterizzano ciascuna competenza digitale, mentre le ‘fermate’ mostrano come poterle raggiungere: Strumenti e TecnologieCercare e UsareInsegnare e ImparareIdentità e Benessere (digitali)Comunicare e CollaborareCreare e Innovare La mappa interattiva è uno strumento davvero efficace utilizzabile da insegnanti e studenti per non perdersi tra le varie tappe che devono essere affrontate nel viaggio verso la cittadinanza digitale. All Aboard è un progetto collaborativo che si baserà sui tanti esempi eccellenti di ricerca di alta qualità, di formazione e di progetti di cooperazione già avviati o in corso nel mondo dell’istruzione irlandese. Mi piace: Mi piace Caricamento...

Ecco perché i nativi digitali sono una realtà (anche se ignoranti) | Agenda Digitale Recentemente, è stato ripreso sul Web, con un certo successo, un vecchio (2013) e fortunato articolo (trentaseimila like su Facebook e duemilaseicento condivisioni on-line) per Agenda digitale di Paolo Attivissimo Per favore non chiamiamoli nativi digitali che, riprende la vecchia polemica sull’esistenza o meno dei “nativi digitali”. Ho contribuito a suscitare questo dibattito in Italia con il mio Nativi digitali (Bruno Mondadori, 2011) e dopo 5 anni dall’uscita di questo volume sono ancora convinto della validità euristica della “categoria” coniata a suo tempo da Mark Prensky (Prensky, 2001). Facciamo il punto della situazione. I nostri figli sono nati in questo mondo e il loro ambiente sociale e di vita è radicalmente differente da quello dove siano nati noi “figli del libro” ed “immigrati digitali”. a. b. c. Bibliografia Académie des sciences, il bambino e gli schemi (2016), ed. it., a cura di Ferri, P. e Guerini, Milano Ferri, P. (2011), Nativi digitali. , Bruno Mondadori, Milano.

L’equazione Internet eguale libertà è una enorme ingenuità | CapoVerso: New Leader Abbiamo rivolto al prof. Pier Cesare Rivoltella – Direttore del CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia), Professore ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, Università Cattolica del S. Cuore (UCSC), Milano – una domanda secca su un tema quanto mai di attualità. Una certa vulgata (e anche certe prese di posizione ideologiche) vogliono che lo sviluppo di Internet rappresenti una risposta alla manipolazione e al pensiero unico imposti dai media e, di conseguenza, favorisca nuove forme di democrazia alternativa e partecipata. Noi siamo un po’ scettici su questa visione. Lei cosa ne pensa? L’equazione internet eguale libertà di espressione e pluralismo è ingenua, per almeno due ragioni: 1) chi la sostiene non sa (o finge di non sapere) che circa l’80% del traffico nel Web (e di conseguenza delle informazioni disponibili) è attribuibile a 4 players: Facebook, Google, Amazon e Ebay; “- parlarne. – insegnare la riflessione.

Dilaga la tecnofobia in Italia: allarme rosso | Agenda Digitale La “tecnofobia” è molto diffusa in Italia. Questo tema, poi, è particolarmente rilevante oggi perché i media generalisti, i giornali e la televisione in questi ultimi due anni stanno diffondendo più che in passato un diffuso “panico morale” rispetto all’uso delle tecnologie digitale e di Internet soprattutto da parte dei bambini e dei preadolescenti. Di che cosa si preoccupano i genitori. Da sempre Internet è stata vista con grande “sospetto” a causa dell’accelerazione nella possibilità di “scambi sociali” sul web che genera. Il capostipite dei nuovi “Savonarola” è Nicholas Carr, noto giornalista e saggista statunitense, che ha pubblicato nel 2010, un fortunato volume tradotto in Italia con il titolo italiano Internet ci rende stupidi? Fin qui Casati non ha torto, molti aspetti della vita umana fortunatamente non si prestano a essere trasposti in digitale. Libro versus tablet: ma perché? Sul primo argomento la posizione di Casati è “romantica” ma davvero piuttosto debole.

Ecco il dossier Dispersione di Tuttoscuola. Scaricalo! Tuttoscuola presenta un nuovo dossier, dedicato al fenomeno della dispersione scolastica in Italia. Il dossier offre una lettura delle cifre del fallimento del sistema educativo, che ha causato, negli ultimi 15 anni, la dispersione di quasi 3 milioni di giovani italiani, il 31,9% di coloro che dopo la terza media si sono iscritti a una scuola secondaria superiore statale e non hanno terminato gli studi con il conseguimento del relativo diploma. Lo studio presenta anche numerose proposte per capire meglio il fenomeno e combatterlo. Il dossier è offerto a tutti i lettori che si registrano gratuitamente (godendo anche di altri esclusivi vantaggi) o abbonati (cui basterà inserire le credenziali di accesso). Il dossier è gratis. Per ulteriori informazioni, si può fare riferimento alla sig.ra Luigia Bernardon (telefono 06.6830.7851, e-mail l.bernardon@tuttoscuola.com).

La tecnologia e la morte della civiltà. Tradotto da un articolo di José Picardo È insito nella natura umana detestare tutto ciò che fanno i giovani solo perché gli anziani non ci sono abituati o hanno problemi nell’imparare a farlo. Quindi io sono diffidente nei confronti della scuola di pensiero "i giovani fanno schifo”. All'inizio di questa settimana sono entrato in una classe durante la pausa e ho visto un gruppo di tre ragazze sedute sul pavimento concentrate in silenzio sul loro iPad. Per qualcuno che non ha familiarità con il contesto, la vista di tre studenti che fissano uno schermo durante la pausa avrebbe potuto suscitare reazioni negative - distrazione, social media, giochi ... Alla fine dello scorso anno questa fotografia di alcuni ragazzini che guardano i loro smartphone accanto al quadro di Rembrandt 'La ronda di notte' nel Rijksmuseum di Amsterdam ha iniziato a fare il giro sul web. Solo che le cose non stanno proprio così. Tradotto da un articolo di José Picardo

La scuola 2.0 non esiste Abstract Il titolo del contributo, volontariamente polemico, vuole riflettere su cosa significhi oggi in Italia parlare di “scuola 2.0”. L’autore non ignora le molteplici, e spesso positive, esperienze di didattica multimediale ma è convinto che dietro molte sperimentazioni non ci sia altro che una “digitalizzazione” di una didattica ancora largamente 1.0. Lo scenario di riferimento Da molti anni si parla di “scuola 2.0”. “Scuola 2.0” vs “Pedagogia 2.0” All’incirca negli ultimi dieci anni forti sono stati gli investimenti ministeriali volti a creare o, nel migliore dei casi, a rafforzare nel corpo docente le cosiddette competenze informatiche. I tutor “formati” a quell’incontro tennero poi negli anni successivi, ciascuno per la propria provincia, un numero variabile di corsi di formazione, rivolti tanto agli insegnanti della scuola primaria, quanto a quelli della secondaria, di primo e secondo grado. Le conseguenze: disinteresse pedagogico e cavalli di troia Cosa è oggi la “scuola 2.0”? Note

Emergenza educativa e nuove tecnologie. Stimoli per una riconsiderazione della questione,

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