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C'è Sanremo e Sanremo!

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#Sanremo sui social network: tutti parlano, nessuno ascolta. Sto seguendo il Festival di #Sanremo, in televisione, su Twitter e su Facebook. C’era grandissima attesa per ciò che sarebbe accaduto sui social media quest’anno dopo il botto dell’edizione 2011. Sanremo diventò un’inattesa e gigantesca piazza collettiva dove tutti (s)parlavano di tutti i protagonisti e questo, a mio avviso, ebbe il suo peso nel successo di pubblico e nella resurrezione di un format che, dopo anni mediocri, sembrava destinato a essere mandato in soffitta. Ciò che l’anno scorso è stato in larga parte un processo spontaneo, sia nella sua nascita che nella sua progressiva formazione, quest’anno è stato largamente sostenuto sia dagli organizzatori, che hanno voluto dare un’impronta ‘social’ all’evento sin dai meccanismi di selezione dei cantanti della categoria ‘giovani’, sia dai media che dagli opinion leader.

L’effetto è inedito quanto stordente: ci sono decine, centinaia, migliaia di utenti che fanno la loro personale diretta. Tanto Rumore per Nulla? Oltre la carta. Pubblicare meno, produrre di più (e meglio): la lezione di Salon « # faremonotizia. I dati prima di tutto: 33 per cento di contenuti in meno, 40 per cento di traffico in più. Con un picco di visitatori unici a dir poco invidiabile: 7,23 milioni, alla fine di gennaio. Sono i numeri della svolta di Salon, la prima rivista online, fondata nel 1995 dal giornalista progressista David Talbot. Un risultato sorprendente, ottenuto senza viral hits, ovvero quei post che potrebbero falsare il conto complessivo con un’enorme quantità di contatti. Per arrivarci, ricorda l’Editor-in-chief Kerry Lauerman su OpenSalon, è bastato «tornare alla nostra missione primaria: concentrarci sull’originalità».