background preloader

Eleumas

Facebook Twitter

Il digital education day e le dieci tesi di Rivoltella su scuola e tecnologie — Il digitale a scuola. Per una scuola autonoma, equa, di qualità, locale e globale – ADi. Il Congresso è chiamato a delineare la politica scolastica e culturale dell’associazione per i prossimi tre anni, questo impone di analizzare lo scenario politico, sociale, economico e culturale nel quale la scuola si trova ad agire oggi nel contesto internazionale e nazionale, e immaginare quello in cui si troverà domani.

Per una scuola autonoma, equa, di qualità, locale e globale – ADi

Le nostre finalità? “Una scuola autonoma, equa, di qualità, locale e globale” Utopia o retrotopia? Il digitale è ormai diventato una competenza di base, come la scrittura. Il digitale ci riguarda tutti.

Il digitale è ormai diventato una competenza di base, come la scrittura

Le competenze digitali sono oggi un alfabeto senza il quale diventa sempre più difficile trovare o mantenere un lavoro. Ciò non significa che dobbiamo trasformarci tutti in valenti sviluppatori informatici, né analisti capaci di gestire dati e strategie di comunicazione online. Vuol dire che ciascuno di noi dovrebbe muoversi con disinvoltura tra le competenze digitali di base. Facciamo un passo indietro. La classica suddivisione delle competenze vede contrapposte le cosiddette hard e soft skill.

Spesso, durante lo sviluppo di progetti di trasformazione digitale, i manager mi domandano: «Ma queste digital skill, le competenze digitali, sono hard o soft?». Il digitale riguarda tutti Pensiamo alla scrittura. Con il passare del tempo, la scrittura divenne una competenza trasversale: sempre più persone ne appresero i rudimenti per poterli applicare in diverse attività. Le competenze digitali stanno percorrendo un percorso simile alla scrittura. DIECI ROTTURE CON IL PASSATO CHE RIVOLUZIONERANNO L’EDUCAZIONE – ADi.

Educazione Civica Digitale. Gli studenti attualmente a scuola sono indubbiamente la generazione più immersa nelle tecnologie digitali sino ad oggi e non possono essere lasciati soli nella gestione dei profondi cambiamenti offerti dalle tecnologie di informazione e comunicazione.

Educazione Civica Digitale

Questo è a maggior ragione valido se consideriamo che le stesse tecnologie, di cui gli studenti sono intensi fruitori, sono state prodotte e promosse da sistemi creati, finanziati e gestiti da adulti. Le tecnologie hanno ramificazioni profonde per istituzioni, organizzazioni, norme sociali e persino valori fino a poco tempo fa considerati immutabili: siamo di fronte quindi a un cambiamento estremamente pervasivo, per definizione ricco di implicazioni a causa della crescita esponenziale di connessioni e interazioni, che non può essere ignorato.

Per educazione civica digitale non si intende quindi una riconversione dell’educazione civica ai tempi della rivoluzione digitale. La lezione di storia. Perché il digitale a scuola non è un’opzione. Non voglio girarci attorno perché questo post sarà di per sé piuttosto lungo.

La lezione di storia. Perché il digitale a scuola non è un’opzione

Il mio obiettivo polemico è un documento che circola in rete come “Appello per la Scuola Pubblica” (qui trovate il documento intero) e in particolare una sezione di tale documento — la sezione 2 intitolata “Innovazione didattica e tecnologie digitali” — che si scaglia contro il proliferare di iniziative a favore di sperimentazioni con tecnologie digitali a scuola che costituirebbero. Tecnologie in classe, uno schema per capire l'impatto sulla didattica.

Sarebbe interessante uno studio dei titoli e dei contenuti di molti articoli di riviste e giornali online e in edicola per tracciare in modo oggettivo le tendenze.

Tecnologie in classe, uno schema per capire l'impatto sulla didattica

Così, ad istinto, la vulgata più diffusa tende alla polarizzazione fra bene e male, fra passato e futuro, fra contenuto e competenza. Si passa dalle tecnologie che distruggono gli apprendimenti alle tecnologie che li rendono semplici e a portata di mano, dalla scuola di “quando eravamo giovani era tutta un’altra cosa”, per citare Vasco, alla scuola dei “senza” e dei “con” , dei metodi tecnologici con il marchio doc. Nei mesi recenti si è passati poi dall’esaltazione spettacolare del piano nazionale scuola digitale alla sua definitiva sepoltura.

A chi giova questa polarizzazione? Questa mancanza di senso della realtà? Partiamo dal presupposto che le tecnologie non migliorino necessariamente l’apprendimento, in particolare se utilizzate senza una progettualità metodologica. I 5 grandi errori sulla tecnologia didattica – Il digitale a scuola. All’indomani della diffusione dei dati OCSE su digitale e scuola, secondo i quali non si erano riscontrati miglioramenti apprezzabili nelle scuole che facevano uso del digitale, avevo scritto un articolo in cui facevo una sintetica rassegna stampa di ciò che era stato detto al riguardo e concludevo con un appello a focalizzare l’attenzione più sulle metodologie che sugli strumenti.

I 5 grandi errori sulla tecnologia didattica – Il digitale a scuola

Mi era però sfuggito l’interessante articolo “I cinque grandi errori sulla tecnologia didattica e come correggerli” in cui l’autore, Yong Zhao, riprende le argomentazioni di un suo libro dal titolo simile e sintetizza i 5 fondamentali malintesi che fanno vacillare il rapporto tra tecnologia e didattica: La robotica per una Scuola "indisciplinata", quindi migliore. Se provate a cercare online la parola “antidisciplinarità”, molto probabilmente il motore di ricerca, come al solito un po’ invadente, cercherà di forzarvi la mano suggerendovi in alternativa la parola “interdisciplinarità”.

La robotica per una Scuola "indisciplinata", quindi migliore

Ma non avete sbagliato a digitare, non sono termini sinonimi. Se insistete trovate qualcosa di interessante, qualcosa che è già stato detto molti anni fa, ma a cui non abbiamo mai prestato davvero attenzione, forse perché allora non ci era possibile fare una esperienza diretta. Ad esempio, oltre 50 anni fa in “Congetture e confutazioni”, Karl Popper affermava che non siamo studiosi di certe materie, ma di certi problemi.

Le discipline non esistono in generale, sosteneva, ma soltanto problemi e l’esigenza di risolverli.